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Arte

Una finestra sulla contemporaneità: la mostra “Xhixha. La reggia allo specchio”

today29/07/2023 193

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Helidon Xhixha ci racconta della sua esposizione a Palazzo Reale: “Xhixha. La reggia allo specchio”

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Xhixha. La reggia allo specchio

Da sabato 1° luglio a domenica 3° settembre 2023, Palazzo Reale apre una finestra sulla contemporaneità con la mostra Xhixha. La Reggia allo Specchio. Un nuovo progetto espositivo dell’artista Helidon Xhixha.

Questa esposizione, prodotta e promossa da Palazzo Reale, offre ai visitatori l’occasione per accostarsi all’arte di Helidon Xhixha, un importante artista albanese le cui opere sono oggi esposte nei più prestigiosi musei internazionali e godono di un grande successo di critica e di pubblico.

Xhixha è particolarmente legato all’Italia e alla nostra città, dove spesso dimora e dove si è diplomato all’Accademia delle Belle Arti di Brera. La mostra stessa, realizzata in collaborazione con l’artista, è stata progettata pensando alle magnifiche sale di Palazzo Reale, riportate all’originario splendore da un recente restauro.

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Xhixha. La reggia allo specchio

L’esposizione, prodotta da Palazzo Reale con lo studio Helidon Xhixha e curata da Michele Bonuomo, traccia un itinerario in cinque tappe che attraversa gli spazi della reggia milanese, accompagnando il visitatore dallo Scalone d’Onore progettato dal Piermarini alle sontuose Sale storiche, oggetto di recente restauro.

La pratica artistica di Helidon Xhixha si radica nello studio approfondito delle proprietà dell’acciaio inox e nel suo utilizzo come materia fondante per la realizzazione di monumentali installazioni scultoree. Rifacendosi all’antica concezione dello specchio come passaggio verso un universo altro e del riflesso come l’illusione per eccellenza, l’artista realizza paesaggi astratti enigmatici, composti di forme geometriche ed essenziali.

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Xhixha. La reggia allo specchio

In questa intervista Helidon Xhixha racconta la mostra anche attraverso brevi frammenti autobiografici.

Ci racconti come si è avvicinato all’arte e cosa rappresenta per lei.

«L’avvicinamento al mondo dell’arte è stato molto naturale grazie al fatto che sono figlio d’arte: dato che ho sempre vissuto in un ambiente d’arte e mio padre mi portava spesso nel suo studio, la connessione è stata molto facile. Non è scontato che un figlio d’arte prenda a cuore la stessa passione dei genitori, ma probabilmente a me è successo ciò che mi diceva mio padre: “Quando dai un nome a una persona, le dai anche un destino”.

Nel mio caso è stato il destino, perché vivendo e nutrendomi solo di arte, era evidente che sarebbe stata questa la mia strada. Avvicinarmi all’arte non è stato così difficile, perché ho ancora impressi nella memoria i profumi dei colori e i tableaux di mio padre, che fin da bambino mi hanno spinto ad avvicinarmi a questo mondo straordinario».

Come è nata l’idea della mostra?

«Non è stata un’idea, è stato un sogno. Un sogno che ho percorso fin da quando studiavo a Brera e visitavo Palazzo Reale per visitare le mostre straordinarie di grandi maestri. Perciò è un sogno che è stato finalmente realizzato. Non è stato semplicemente un’idea, è stata una visione».

È stato difficile studiare il materiale utilizzato per le installazioni cioè l’acciaio?

«L’aggettivo “difficile” dipende sempre dal punto di vista, perché all’inizio è sempre difficile ma quando ti lasci guidare dall’esperienza, prendi confidenza ed esplori la materia hai la possibilità di entrare sempre più in quel mondo e risulta più facile lavorare. È ovvio che plasmare e modellare l’acciaio attraverso la luce non è una cosa semplice».

C’è un messaggio legato ai suoi lavori senza il quale non li chiamerebbe suoi?

«Ogni opera ha un suo messaggio e diventa l’ingranaggio di una catena: l’opera precedente indica il percorso a quella successiva, ogni opera è connessa con il pensiero e con tutto ciò che filtriamo dalla realtà sociale e che plasmiamo come concetto artistico. Non esiste un’opera che non abbia un significato, perché al di là del segno ha in sé un pensiero e lo trasmette».

Quali difficoltà ha affrontato nella sua arte?

«Ciascuno di noi, in qualsiasi scelta di vita e in qualsiasi mestiere, incontra delle difficoltà, altrimenti non ci sarebbe né gloria né piacere. La mia difficoltà può manifestarsi quando inizio un’opera da 15 metri: vorrei vederla conclusa già l’indomani mattina, ma non la definirei neanche una “difficoltà” perché è bello godersi il processo giorno per giorno».

A chi o cosa si ispira per quanto riguarda i suoi lavori?

«L’ispirazione mi è arrivata dal mare: nella mia città natale, Durazzo, ho sempre notato queste onde che, all’infinito, modellano la luce danzatrice che plasma la natura. L’ispirazione mi arriva anche dalla musica, dalla natura, dalla bellezza. Come mi diceva sempre mio padre: “Ricordati che la natura è il più grande maestro, a cui dobbiamo avvicinarci ed esplorare sempre di più”. Le mie fonti di ispirazione sono la natura, la musica, il cielo: tutto ciò che è infinito, che continua a darci emozioni».

In quale modo secondo lei, la sua arte potrebbe cambiare il pensiero delle persone?

«Anche se mio padre mi ha sempre detto “L’arte è educazione”, io cerco di trasmettere le emozioni, le cose interiori che custodiamo dentro di noi. Come la musica, che entra senza permesso nell’anima, con la mia arte vorrei dare una sensazione simile, educare alla sensibilità interiore, invitare ad avvicinarsi all’arte, a interrogarsi attraverso i riflessi e attraverso tutto ciò che ci circonda e che ci dà bellezza. Questo si chiama arte, perché senza arte non c’è bellezza, non c’è verità, non c’è educazione».

Quali sono le caratteristiche peculiari delle sue opere?

«La caratteristica principale delle mie opere è la materia, che per me rappresenta il contemporaneo ed è stato un amore a prima vista, perché indica la luce e la verità, ti coinvolge e mantiene con te un dialogo sempre aperto. Ho sempre odiato la staticità e con questo materiale ho trovato la mia unicità espressiva, perché per creare questo tipo di materiale, che all’apparenza sembra freddo, servono molto calore e molta energia».

Ci può parlare delle sue opere nello specifico? E perché la superficie riflettente le rende riconoscibili?

«Attraverso la superficie dello specchio assistiamo a una sorta di magia, una dimensione non visibile a occhio nudo. Lo specchio ci permette di vedere alcuni aspetti di deformazione, linguaggi visivi e sensazioni che non riusciamo a cogliere a occhio nudo. Lo specchio è magia, è sempre stato così, perché ci rende visibili anche a noi stessi: è una magia quella che ogni mattina, attraverso lo specchio, ci permette di dialogare con noi stessi.

Lo specchio, quindi, è uno strumento molto vitale, magico e ci dà il senso dell’infinito. È una sorta di “Stargate” che ci mette in comunicazione con la terza e la quarta dimensione. Per me è sempre stato un mistero, perché porta sensibilità straordinarie che non puoi percepire a occhio nudo».

Prossimi progetti?

«In questo momento mi trovo a Salisburgo, perché l’anno prossimo ho in programma due mostre: una al palazzo di Sissi, con una scultura monumentale collocata nel giardino, e l’altra organizzata con il gruppo Red Bull, che organizza eventi culturali nella sua sede di Salisburgo: un hangar dell’aeroporto in cui è allestito un immenso showroom con esposti tutti i mezzi e le medaglie vinte dai campioni del brand».

Noi di Milano Beat Radio facciamo a Helidon un grosso in bocca al lupo per i progetti futuri!

Potete trovare altre informazioni sul sito di Palazzo Reale.

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Scritto da: Selene Amelio


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